Il diavolo inganna l’uomo col peccato perché invidia la sua felicità

Scritto da il 30 Giugno 2024

Spiritualità – Omelia XIII Domenica fra l’Anno (DB), la riflessione sul Vangelo del Vescovo Emerito di  Carpi Francesco Cavina:

 

 

 

La liturgia di questa domenica ci porta a riflettere sulla vita e la morte. La prima lettura ci rivela che la morte non rientrava nel progetto originario del Creatore.

Quando Dio ha creato l’uomo, lo ha voluto libero ed incorruttibile, ma il diavolo, invidioso della felicità dell’uomo, lo ha ingannato e lo ha portato a scegliere il peccato, e così la morte è entrata nel mondo. La morte, dunque, è la conseguenza del peccato.

 

Il miracolo della resurrezione

Gesù facendosi uomo e assumendo un carne come la nostra è penetrato nel potere della morte e lo ha svuotato riscattando l’uomo e tutta la creazione.

Il miracolo della resurrezione della figlia di Giairo, che ci viene raccontata nel brano di Vangelo, rivela il potere che Cristo ha sulla morte e che si manifesterà in tutta la sua pienezza con la Sua resurrezione.

Certo, la morte intimorisce, ancora, il nostro cuore, ma ci dà conforto sapere che è stata sconfitta da Cristo e grazie a Lui è divenuta il passaggio da questo mondo al Padre.

 

Leggendo il Vangelo troviamo la manifestazione della vita divina

Il Signore, in tale modo, si presenta come uno spazio sicuro e vitale in cui  l’uomo può rifugiarsi, perché ha detto di se stesso: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me anche se morto vivrà”. Ma cosa intende dire Gesù presentandosi come la resurrezione e la vita?

In un testo dei primi secoli del cristianesimo troviamo questa significativa affermazione: “Chi dice prima si muore e poi si risorge, sbaglia” (Vangelo apocrifo di Filippo). Sbaglia perchè un cristiano che ragiona in questo modo crede che la resurrezione avverrà solo alla fine dei tempi, mentre il Signore ci dice che la vita eterna – che consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio – deve potersi affermare ora.

La nostra resurrezione finale sarà la piena manifestazione della vita divina che già possediamo  accogliendo Cristo.

L’apostolo Paolo insegna che Cristo, per mezzo della fede e della partecipazione ai sacramenti, “dimora nei nostri cuori” (Ef 3,17). Si tratta di una presenza, quella del Signore, che non ha nulla di passivo, ma è una presenza dinamica, perchè ci coinvolge nel suo modo di essere Figlio di Dio.

Quanto più ci lasceremo attirare a Lui tanto più scopriremo che la nostra vita ha un destino, è incamminata non verso la dissoluzione totale, ma verso un compimento, una pienezza.

 

La fede e il significato ultimo dell’esistenza

Scrive Nietzsche nel “Crepuscolo degli dei”: “Cosa significa nichilismo? Manca il fine; manca la risposta al perchè… e di conseguenza i valori supremi si svalorizzano”.

La fede nella resurrezione della carne è, invece, la porta che ci apre al significato ultimo della nostra esistenza e di quella del creato. Accogliamo, dunque, le consolanti parole di Gesù del vangelo di oggi: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”.

Davanti a Cristo, Signore della vita, la morte diventa un sonno dal quale ci si risveglia in Dio.

 

S.E. Mons. Francesco Cavina

 

 


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *



Traccia corrente

Titolo

Artista

Background